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Leggende e storie ladine - Le Salvan de Frara

Il generoso salvan di Passo Gardena

Sul Passo Gradena, sul confine tra Val Badia e Val Gardena, viveva molto tempo fa un salvan. Nonostante la sua vita semplice e stentata riusciva sempre ad essere di buon umore. La sua umile alimentazione consisteva in erbe di tutti i tipi, radici e frutti selvatici. Solo alcuni giorni all’anno cercava di acchiappare qualche talpa che per lui era un piatto nobile e delizioso. L’autunno lo passava mangiando semi e qualche volta masticando un pò di resina. Durante la bella stagione il salvan amava girare le montagne, non esisteva cima, collina o sentiero che non conoscesse come le sue tasche. Il suo tempo lo dedicava anche alla raccolta di fiori come le stelle alpine, campanule e altre piante che si fermava ad annusare. Il suo cappello era sembre addobbato con qualche fiore fresco.

Il mese dell’anno che più adorava era agosto, quando i contadini andavano in montagna per la raccolta del fieno. In quell’occasione il salvan si recava dai contadini per aiutarli. Se la cavava egregiamente con il rastrello ma era decisamente goffo quando doveva usare la falce. La cosa che preferiva di più era passare il suo tempo con le inservienti, anche se queste si divertivano sempre a prenderlo in giro. Per loro il salvan raccoglieva la legna che serviva per preparare da mangiara, portava l’acqua e aiutava nella preparazione del scartè e della jüfa. La sera rimaneva fino a tardi nei tablà con i contadini e le contadine.

Quando arrivava l’inverno il salvan passava le sue giornate in maniera molto diversa. Doveva combattere il freddo cercando riparo in qualche tablè sul Passo Gardena ma quando nevicava molto scavava un sentiero fino a Colfosco dove chiedeva ristoro presso il contadino di Rön finchè la situazione migliorava. Il salvan non rimaneva mai con le mani in tasca. Aiutava nella stalla, nel fienile e in casa con i lavori più umili e tutti gli volevano un gran bene. Appena arrivava la primavera si incamminava nuovamente verso Crepacia.

Per molti anni fu questa la vita del salvan, benvisto dai bambini e dagli adulti, finchè un anno quando i prati fiorivano con i più bei colori il salvan non si vedeva più da nessuna parte. Il salvan non fu mai più rivisto e in sua memoria gli abitanti di Colfosco chiamarono il ruscello sopra il paese “Rü dl Salvan”.



I salvàns sono personaggi molto ricorrenti nelle leggende e nelle storie ladine delle Dolomiti. Si racconta che sono stati loro a tessere i raggi della luna donando alle montagne dolomitiche quel pallore che le caratterizza. I salvàns sono figure primigenie e molto sagge, conservatrici di tutti i segreti della natura. Vengono ritratti come personaggi selvaggi e introversi, ma che spesso interagiscono con le persone. Rientrano tra i personaggi di indole buona e generosa delle storie e leggende ladine. Si racconta che essi aiutavano perfino i contadini delle valli ladine con la raccolta del fieno in alta quota, fino a quando una scorettezza dei contadini li fece sparire per sempre dalla circolazione.

Il Rü dl Salvan è tuttora il nome di un ruscello sopra Colfosco, partendo dal paese verso il Jù de Frara (Passo Gradena) si passa per il leggendario ruscello.

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